Il sonno è un fenomeno universale in tutto il regno animale, un processo indispensabile per il benessere di ogni organismo.
Non solo perché svolge una funzione “ristorativa”, cioè consente il recupero delle energie impiegate durante la veglia e la rimozione dei prodotti di scarto, ma perché gioca un ruolo fondamentale nell’elaborazione delle informazioni e in alcuni importanti meccanismi cognitivi.
Ad esempio contribuisce al consolidamento della memoria relativa a eventi che ci sono accaduti o informazioni che abbiamo appreso mentre eravamo svegli. Non è un caso infatti che le prime conseguenze di notti in bianco o ripetuti episodi di privazione o alterazione del sonno, siano scarsa attenzione e mancanza di concentrazione il giorno seguente.
Il sonno è da sempre, ma continua ad essere, oggetto di studi e ricerche. In particolare i meccanismi cellulari alla base del ciclo sonno-veglia, che, sebbene come dimostrato siano regolati da stimoli sia interni (orologio biologico principale, situato nell’ipotalamo del cervello) che esterni (l’alternanza buio-luce, i pasti, il lavoro e l’attività fisica), in parte risultano ancora sconosciuti.
A quanto pare c’è un altro fattore, oltre all’orologio biologico e all’alternanza giorno/notte, che regola il nostro sonno: il sistema immunitario. A scoprirlo è stata una ricerca italiana coordinata dal dipartimento di Fisiologia e farmacologia dell’Università Sapienza di Roma.
Lo studio, condotto sui topi e pubblicato sulla rivista Glia, ha dimostrato per la prima volta il ruolo svolto dalle cellule sentinella del cervello, quelle della microglia, che si occupano della prima e principale difesa immunitaria attiva nel sistema nervoso centrale, nella regolazione del sonno.
“La microglia regola la durata della fase di sonno nei topi anche attraverso il recettore per chemochine CX3CR1, altamente espresso in queste cellule dove risulta determinante per lo sviluppo e la maturazione del sistema nervoso centrale”, ha spiegato Cristina Limatola di Sapienza, coordinatrice dello studio
“Dai test sui topi privati della microglia attraverso il trattamento con un antagonista del recettore CSF1R – aggiunge Limatola – è stato osservato un aumento della fase non-rapid eye movement (NREM) del sonno, oltre che una serie di alterazioni nella trasmissione fra le sinapsi nell’ippocampo, regione fondamentale per la formazione della memoria a lungo termine”.
Questo lavoro, hanno segnalato i ricercatori, aiuta a svelare i meccanismi alla base della regolazione del ciclo sonno-veglia, ma soprattutto apre a nuove prospettive sul ruolo delle cellule della glia nel funzionamento del cervello.