Uno dei grandi dibattiti
sempre aperti riguarda il co-sleeping,
ovvero la condivisione del letto tra genitori e figli. Nonostante se ne parli
ora con il termine inglese, si tratta di un fenomeno storico, ma sempre attuale
ed altresì sempre ampiamente dibattuto. Vi è infatti chi lo pratica e sostiene
che faccia bene ai bambini e chi invece si schiera dall’altro lato dicendo che
può causare dipendenza ed un attacco eccessivo ai genitori con gravi
ripercussioni, tanto nell’immediato quanto in una fase successiva della
crescita.
Effettivamente molte famiglie si ritrovano ad affrontare il problema di far
dormire i propri figli nei loro lettini, ma ciò non significa necessariamente
che il problema sia nato dall’aver condiviso troppo il lettone con i genitori.
Seppur additata da molte persone, la pratica di far dormire i figli piccoli
vicini ai genitori garantisce tutta una serie di vantaggi. Certamente si possono
annoverare anche degli aspetti meno positivi, ma come per tutte le cose basta
trovare il giusto compromesso e prendere le proprie scelte usando un minimo di
razionalità, ma soprattutto responsabilità.
La trattazione seguente si dividerà quindi tra i vantaggi e gli svantaggi del co-sleeping,
ma non vuole fornire alcuna regola ferrea da seguire. Non è nostra intenzione
fornire delle ricette preconfezionate perché ogni famiglia rappresenta un nido
con le proprie abitudini ed ogni famiglia deve quindi seguire e fare ciò che le
viene più naturale. Tuttavia conoscere i punti di forza e di debolezza del
co-sleeping può rappresentare uno spunto di riflessione e un’indicazione utile
sulla direzione da prendere.
I vantaggi del
co-sleeping
Tra i primi vantaggi del dormire con i propri figli piccoli vi è sicuramente
l’importanza della vicinanza.
Dopo la nascita i bambini hanno bisogno di protezione e calore, hanno quindi bisogno di un
contatto costante, soprattutto con la mamma. Per questo da sempre il consiglio
è quello di tenere la culla dei neonati nella stessa camera da letto dei
genitori, perché riescono a percepirne il calore. Tale scelta è utile anche per
ottimizzare l’organizzazione dell’allattamento, altro aspetto che viene
favorito dalla pratica del co-sleeping.
Molte aziende negli ultimi anni hanno messo in commercio proprio delle culle
per il co-sleeping: la culla diventa quindi un’estensione del letto dei genitori e i bimbi sono
molto vicini. Anche se in questo caso i neonati non sono proprio in mezzo ai
genitori si può parlare di co-sleeping; anche in questo caso inoltre, è
favorito l’allattamento rispetto ad una culla di tipo tradizionale in quanto la
madre non deve alzarsi dal letto.
In definitiva possiamo dire quindi che i vantaggi si rintracciano nell’armonia
che si crea, perché il benessere della vicinanza è un fattore reciproco, di cui
beneficiano sia i piccoli sia i genitori.
I rischi e gli svantaggi
del letto condiviso
Abbiamo inserito la parola rischi nel titolo di questo paragrafo perché una
delle due tesi più sostenute contro la condivisione del lettone riguarda il
pericolo della morte in culla, nota con l’acronimo Sids. Per evitarla ci sono
tutta una serie di accorgimenti da adottare, che riguardano sia il riposo
condiviso sia il riposo in culla.
La seconda tesi più sostenuta riguarda la dipendenza, cioè che i bambini si abituano a stare a
letto con i genitori e non riescono a dormire da soli. Si tratta di una realtà
che esiste, ma non è stato comprovato scientificamente che i risvegli notturni
dei figli siano dovuti all’eccessivo attaccamento ai genitori. Possiamo
affermare che è normale che i bambini abbiano dei risvegli notturni fino ai 3
anni di età, anche se sono molti i casi di bambini che li hanno addirittura
fino ai 5 anni.
In ultimo, a lungo andare avere il figlio in mezzo al letto o comunque nelle
immediate vicinanze può far venir meno la privacy e l’intimità dei genitori. Non entriamo
invece in merito alla qualità del sonno perché quando si ha un bimbo piccolo il
riposo cambia, è inevitabile. Non è quindi il co-sleeping a peggiorarlo o a far
dormire meno.