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Il sonno nel mondo: l’Inemuri giapponese

I ritmi di vita in Giappone sono frenetici, tanto è vero che secondo le statistiche i giapponesi sono uno dei popoli che dorme di meno al mondo, ma nonostante questo vi sono delle pratiche comune che consentono loro di ricaricarsi, seppur brevemente.
Stiamo parlando dell’Inemuri, un fenomeno che non richiede solamente di una chiara spiegazione, ma anche di una precisa contestualizzazione.
Come sappiamo, in Oriente vi è una cultura parecchio differente dalla nostra, quindi anche le abitudini e i modi di pensare sono completamente diversi. I giapponesi sono degli stakanovisti, non si fermerebbero mai, per loro dormire è quasi una debolezza, ma non lo è chiudere gli occhi in pubblico. Questo significa che isolarsi con i pensieri e chiudere gli occhi durante una lezione, una riunione o una conferenza è una pratica accettata e condivisa da tutti.

Se ci avete prestato attenzione non abbiamo parlato di dormire, abbiamo infatti espresso il concetto di “chiudere gli occhi” in quanto si tratta di una pausa semi cosciente per staccare la mente da quel che si sta facendo e ricaricarsi un minimo. La necessità dell’Inemuri è data sì dalla stanchezza, ma non comporta alcun sonnellino come noi lo conosciamo. Quindi se durante un viaggio a Tokyo nella metropolitana si vede qualche studente o qualche uomo d’affari seduto con gli occhi chiusi non c’è da preoccuparsi che non scenda alla sua fermata, è perfettamente cosciente.
Infatti anche la parola stessa di questa pratica esclude il dormire nella sua concezione classica: la lettera iniziale, la I, vuol dire “essere presenti”, nel senso cioè di essere vigili, mentre “nemuri” si traduce come il verbo “dormire”. L’unione dei due significati ne generano quindi uno nuovo che è traducibile con “essere presenti mentre si dorme”.
A riprova che l’Inemuri è una situazione che si può interrompere facilmente dopo pochissimo tempo e che non si tratta quindi di un riposo vero e proprio, vi sono le tantissime foto recuperabili sul web che mostrano le più strane posizioni assunte durante l’Inemuri: molte sono infatti innaturali e scomode, tipiche appunto della veglia.

Dicevamo che è una pratica diffusa ed accettata in quanto in terra nipponica è vista come una grandissima dedizione al lavoro. Essere così stanchi da aver bisogno di fare Inemuri vuol dire che si è stremati dal lavoro, che si dorme poco e si va a letto tardi perché si lavora tanto. Si potrebbe quindi pensare che si tratti di una sorta di “concessione premio”, un riconoscimento del proprio impegno.
Chi si concede l’Inemuri sa ovviamente di aver bisogno di recuperare le energie, ma sa anche che ha pochissimo tempo a disposizione, quindi non può tornare a casa, sdraiarsi, mettersi comodo come è tipico invece di chi pratica la siesta. Ecco che rimane in piedi, vestito, e l’unica cosa che fa è chiudere gli occhi ed assentarsi con la mente, senza però addormentarsi.

Infine ci teniamo a far presente che in Giappone è ampiamente diffusa anche la pratica del “co-sleeping”, la quale prevede il dormire insieme tra genitori e figli fino all’età scolare di quest’ultimi. L’idea di fondo è che questo può rendere più sicuri ed indipendenti i bambini in futuro, tuttavia ha un riflesso sulle abitudini di tutta la popolazione che appunto apprezza la condivisione del sonno. Se ci pensiamo è anche questo un aspetto differente alla nostra cultura, dove il momento di dormire è personale e condivisibile con le persone intime. In definitiva, anche questa abitudine del sonno condiviso ci fa capire come i giapponesi non vivano con disagio la loro abitudine, ma anzi ne traggono un effetto tranquillizzante.

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